L’Italia apre le porte al business della canapa legale (tra limiti di legge e lotta alla criminalità organizzata)

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La cannabis light è diventata legale a partire dall’entrata in vigore della legge 242/2016. Ma quali sono le possibilità (e i limiti) che offre questo settore?

L’Italia ha legalizzato la cannabis light con una legge entrata in vigore nel 2017. A partire da questa data, tutta la marijuana nata da sementi certificate e con un quantitativo di THC pari o inferiore allo 0,6% può essere coltivata e venduta su tutto il territorio.

Questo si è tradotto con un’esplosione di e-commerce e negozi fisici in ogni angolo d’Italia e le persone possono finalmente acquistare in maniera legale infiorescenze o altri prodotti della cannabis, come i migliori semi di marijuana su SensorySeeds, che ha recentemente acquisito notorietà nel settore italiano della canapa per l’ampia scelta offerta sul proprio store.

In questo articolo conosceremo meglio la situazione del territorio italiano, passando dal contesto normativo fino a conoscere in che modo la liberalizzazione sta aiutando a combattere la criminalità organizzata.

Cannabis light: la legge italiana ne autorizza la coltivazione e la vendita ma a determinate condizioni

La legge n. 242 del 22 Dicembre 2016 disciplina la coltivazione e la commercializzazione della canapa in Italia. La normativa prevede infatti che la cannabis light sia esclusa dal Testo Unico degli Stupefacenti e per questo motivo non è più considerata una sostanza illegale.

A partire dall’entrata in vigore della legge, in Italia si è assistito all’esplosione di e-commerce e negozi fisici su tutto il territorio ed è possibile acquistare semi, infiorescenze e derivati della cannabis light in maniera del tutto legale. Le condizioni per la sua commercializzazione sono però essenzialmente due:

  1. Per essere definita light, la canapa utilizzata non può contenere una quantità di THC superiore allo 0,6%;
  2. Tutte le piantine devono essere state coltivate a partire da semi certificati e autorizzati dell’Unione Europea. In questo modo è infatti possibile garantire che la quantità di tetraidrocannabinolo naturalmente contenuta nelle piante non sia superiore ai limiti consentiti dalla legge.

A tal proposito, è necessario fare una precisazione.

Sebbene la quantità di THC autorizzata a livello europeo sia pari allo 0,2%, quella italiana risulta essere leggermente superiore (0,6%). Questo è possibile perché l’Unione Europea lascia a ciascuno Stato la decisione sulla quantità consentita, a livello nazionale.

In ogni caso, percentuali così basse non permettono alla cannabis di avere alcun effetto psicoattivo sull’essere umano e pertanto non è possibile classificare la canapa light tra le sostanze stupefacenti.

Certificazione delle sementi: spetta al produttore o al rivenditore?

Come abbiamo anticipato nel precedente paragrafo, oltre alla quantità di THC, è necessario che i semi utilizzati per la produzione di cannabis light siano certificati e autorizzati. Spesso ci si chiede però a chi debba spettare il lavoro di certificare i semi utilizzati per la germinazione delle piantine.

Questo compito non spetta ai rivenditori ed è bensì destinato ai produttori di cannabis legale. Chi si occupa della coltivazione deve pertanto garantire che essa sia effettuata solo a partire da semi autorizzati e certificati.

Cosa succede però se il rivenditore si ritrova suo malgrado a vendere prodotti che hanno origine da semi non autorizzati? Nemmeno in questo caso la responsabilità è attribuibile al commerciante, in quanto esso avrebbe comunque agito in buona fede.

La cannabis light viene usata in settori anche molto distanti tra loro (e aiuta pure a combattere la criminalità organizzata)

La cannabis light può essere usata per molti scopi diversi, a partire dall’ambito alimentare per arrivare a quello cosmetico e del materiale da costruzione.

La legge 242/2016 prevede infatti che questa pianta possa essere utilizzata per ottenere:

  • Prodotti alimentari e di cosmesi;
  • Carburanti e oli;
  • Fibre per uso industriale;
  • Materiali per l’edilizia, l’ingegneria e la depurazione di aree inquinate;
  • Etc.

La legalizzazione della cannabis light ha quindi permesso ad aziende di diversi settori di poter finalmente prosperare anche in Italia. Senza contare che sono sempre di più le persone che decidono di acquistare prodotti legali, togliendo così mercato alla criminalità organizzata.

Secondo quanto condiviso da uno studio pubblicato sulla European Economic Review, la legalizzazione della cannabis light ha effettivamente avuto un impatto sul traffico di affari delle organizzazioni criminali. Nei centri in cui è stato aperto uno shop di canapa legale è stata infatti rilevata una diminuzione pari all’11% del traffico di marijuana illegale.

Questa riduzione ha quindi avuto grosse conseguenze economiche per le organizzazioni criminali e, grazie alla legge 242/2016, si stima che le perdite subite possano ammontare a circa 200 milioni di euro ogni anno.

Non solo piante e infiorescenze: la cannabis light dà spazio a un mercato molto più vasto

La coltivazione, la vendita e l’utilizzo di cannabis light in Italia è considerata legale a partire dall’entrata in vigore della Legge 242 del 2016.

Questa pianta, seppure debba garantire il rispetto di determinati requisiti, sembra avere riscosso un grande successo in Italia e sono sempre di più gli store e gli e-commerce che vengono aperti in ogni parte dello Stivale.

Al di là della vendita di piantine e infiorescenze, però, la canapa può finalmente essere utilizzata in molti campi diversi. Per fare qualche esempio potremmo citare i materiali utilizzati nella bioedilizia (come i mattoni a base di canapa) o nella produzione di articoli cosmetici.

Questa nuova liberalizzazione ha quindi permesso di prosperare, non solo agli shop di cannabis light, ma anche a molti altri tipi di attività, che finalmente possono trovare mercato anche sul territorio italiano.

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